Stefano Marconi giaceva, morto, sul letto del fiume Adige.

Il DNA in città risultava compatibile con tre persone:

  1. Dominick Paris, famoso sciatore;
  2. Friedrich Shultz;
  3. Matteo Marchi.

Teresa Cimati e Giulia Capasso dovevano investigare entrando in casa di ogni sospettato.

“Polizia locale, abbiamo un mandato” disse Giulia, che era alle prime armi della sua carriera di poliziotta.

Aprì la domestica, che assicurò alle detective che Dominick era a gareggiare per la coppa del mondo da un mese prima dell’assassinio.

Accese il televisore e disse in tono cortese “Sta gareggiando perfino oggi”; con un saluto si concluse la faccenda di Paris. Un sospettato era escluso.

Arrivarono da Friedrich Shulz.

Egli conosceva benissimo Stefano.

“Sono pastore di una comunità evangelica pentecostale di Trento e Stefano veniva spesso a seguire i culti”.

“Non sa altro?” gli domandò Teresa.

“Sì, so anche che Stefano era innamorato di una donna sposata e che questo fermava il suo cammino cristiano.

“Dobbiamo verificare se anche lei ha un alibi da poter confermare da altre persone.

“Stavo celebrando il funerale di mia madre le ore sette, che, se non sbaglio, è l’ora in cui è avvenuto il delitto. E chi è stato presente al funerale può confermarlo.

“Le nostre più sentite condoglianze.

Si venne a sapere che nella regione c’ erano altre persone con il DNA compatibile a quello ritrovato sulla scena del crimine, che era un coltello dalle dimensioni notevoli ma tutte con un alibi e senza un movente.

Per aver lasciato lì l’arma l’assassino non era di certo un killer professionista.

Restava Matteo Marchi.

Diceva frasi che lo accusavano, del tipo “ero a pescare sul fiume al momento dell’omicidio.

Sua moglie era tranquilla e lui non diceva quasi mai bugie.

“E lei conosceva Stefano Marconi?” le chiese Teresa.

“Sì, andavamo nello stesso bar durante la pausa caffè del lavoro, dato che abbiamo la pausa pranzo e la pausa caffè nelle stesse ore, ma non lavoriamo insieme, che sia ben chiaro.

Quel “BEN CHIARO”, detto in quel modo, non convinse molto Giulia.

Il giorno seguente, dei carabinieri della polizia locale entrarono con un mandato di perquisizione in casa di Matteo e della moglie, i due sospettati principali del peccato commesso.

Controllando il PC si accorsero di una mail inviata proprio all’ assassinato, dove la

Moglie aveva scritto: “Ehi ciao sono Gina, il mio matrimonio è monotono, allora fra un mese lascerò Matteo e verrò da te, se sei d’accordo.

 

Poi chiamò una ragazza da un negozio che vendeva articoli da cucina.

Giulia rispose e venne a sapere che Matteo Marchi aveva ordinato un coltello dalle notevoli dimensioni.

 

Teresa risolse il caso con una breve ricostruzione dei fatti:

il marito scopre che la moglie lo tradisce e se la prende con il presunto amante, allora una sera va dove può trovarlo e lo uccide col coltello, una volta ritiratolo dal negozio.

Infine, acceso dall’ira, se ne va in fretta e furia.

“Stavolta ci hai azzeccato!” disse a Giulia.

“Eh sì, che macabro, però.

 

Juan Gabriel Cataldi Garro                                                           

3F di Monteviale